Lo scalettometro di MateâriuM è uno strumento pensato per chi sta pianificando la propria opera e vorrebbe tenere sotto controllo gli elementi che costituiscono l’ossatura delle proprie scene. Questo strumento è particolarmente utile nel momento in cui accostando diverse scene ci si può rendere conto se sono presenti incongruenze (legate alla trama e alle ambientazioni), ripetizioni (di ritmo e di stile), dimenticanze (soprattutto di personaggi che scompaiono improvvisamente all’interno di un meccanismo narrativo).
Perché pianificare la struttura di un’opera invece di scrivere direttamente i dialoghi? I motivi e i vantaggi di questo approccio sono vari, ne cito giusto un paio:
- perché pianificando gli elementi che costituiscono le varie scene della vostra opera potete comprendere quali sono gli obiettivi di ciascuna scena ed essere più concreti ed efficaci nella vostra scrittura;
- perché se l’opera vi è stata commissionata o se lavorate in team potete fornire ai vostri collaboratori o ai vostri committenti un quadro chiaro di come sarà l’opera ed accogliere eventuali commenti o suggerimenti
Questo articolo vuole essere una sorta di guida, un libretto di istruzioni, per chi volesse usare lo scalettometro nella realizzazione della propria opera.
Caratteristiche tecniche
Come prima cosa, una breve analisi dello strumento. Lo scalettometro di MateâriuM misura 16,5cm x 5,5cm, è realizzato in legno di betulla, spessore 6 mm, sul quale sono stati incisi a laser i 10 punti principali che lo compongono:
- Nº scena
- Titolo
- Forma
- Ritmo
- Ambientazione
- Personaggi
- Trama
- P.d.v. (Punti di vista)
- Linguaggi
- Domande
Oltre ai 10 macropunti sono presenti delle sigle tra parentesi. Descriverò di seguito ogni elemento presente nello scalettometro, e la valenza di ciascun elemento nella pianificazione di una scena.
Nº scena
Le vostre opere sono composte da una serie di scene che ne determinano l’inizio, lo sviluppo e la fine. L’ordine che fornirete alla successione delle scene determinerà la linearità o la destrutturazione della vostra narrazione. Attraverso la numerazione delle scene scegliete che tipo di “montaggio” avrà la vostra opera: una semplice indicazione che può avere dei notevoli rivolti sul prodotto finale.
Un esempio chiarificatore: “Tradimenti” di Harold Pinter (l’opera è composta da una serie di scene che dal 1977 portano al 1968, la drammaturgia rappresenta anche nella forma un viaggio nelle profonde ragioni che hanno portato i protagonisti a incontrarsi, innamorarsi e lasciarsi)
Titolo
Il titolo della scena è un elemento che per alcuni autori può sembrare accessorio, eppure dovete tener conto che uno degli obiettivi del testo teatrale (e del teatro in generale) è quello di saper evocare personaggi, voci e differenti livelli di interpretazione. Il titolo della scena può spingere il lettore (che spesso si identifica con il regista o con l’attore) ad assumere un determinato punto di vista su ciò che la vostra scena vuole realmente comunicare. Da Koltés a Brecht in teatro, da Lars Von Trier a Tarantino nel cinema, i titoli delle scene rappresentano delle chiavi interpretative utili per il regista e per lo spettatore.
Un esempio chiarificatore: “Roberto Zucco” di Koltés (i titoli delle scene di quest’opera rappresentano una vera e propria chiave interpretativa delle azioni che si troveranno al suo interno. Emblematico in questo senso il titolo dell’ultima scena, che racchiude la poetica dell’intera opera)
Forma
A volte può risultare molto utile creare delle variazioni nella forma espositiva da scena a scena. Questo tipo di scelta influenza la percezione dell’opera da parte dello spettatore soprattutto nelle questioni legate al ritmo. Immaginate che la vostra opera sia composta da 4 scene: le prime 3 sono dei lunghi monologhi, l’ultima invece è un dialogo tra diversi personaggi. Rappresenta questa successione formale la scelta più appropriata nel vostro progetto? Il vostro pubblico come accoglierà la successione dei 3 lunghi monologhi? Non rischia questa vostra scelta di rallentare troppo il ritmo dell’opera? Potrebbe essere più opportuno aprire e chiudere con dei monologhi e nelle scene centrali dell’opera inserire dei dialoghi?
Altre domande importanti alle quali rispondere in questo capitolo: che ruolo svolge l’azione nella vostra drammaturgia? Ci sono delle scene di sola azione? Sono presenti delle parti cantate? Coreografie? O proiezioni video?
La forma che scegliete per interpretare il senso di ciascuna scena creerà un’identità precisa della vostra opera.
Un esempio chiarificatore: “L’opera da tre soldi” di Bertolt Brecht (notate come viene orchestrato l’utilizzo di canzoni, dialoghi e monologhi all’interno dell’intera opera)
Ritmo
Avere sott’occhio il ritmo della vostra opera, e come evolve da scena a scena, può farvi comprendere che tipo di dinamica state fornendo al vostro pubblico. In questo punto dovete essere particolarmente lucidi nella valutazione: un monologo raramente fornisce un ritmo veloce alle scene; i dialoghi devono essere composti da poche parole a battuta per non rallentare lo sviluppo delle scene; le azioni fanno progredire la storia nel momento in cui innescano reazioni fra i personaggi coinvolti ed evoluzioni nel tessuto narrativo… non solo: nella valutazione del ritmo cercate di verificare la lunghezza e la durata di ciascuna scena. Anche se la vostra opera non è particolarmente articolata, potrebbe essere controproducente scrivere delle scene lunghe e lente di ritmo in prossimità del finale in quanto i vostri spettatori potrebbero essere affaticati dal lavoro svolto nelle scene precedenti.
Sì, il ritmo del vostro testo è il ritmo del lavoro interpretativo che deve compire il vostro pubblico: cercate di non renderlo monotono, per non perdere per strada i vostri spettatori.
Un esempio chiarificatore: “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare (comparate la lunghezza dei primi 3 atti, con gli ultimi 2)
Ambientazione
Ogni scena si svolge in un determinato spazio (S) e in un determinato momento (T). Anche quando decidete di sviluppare un’azione in un non luogo (S) e in un tempo indefinito (T) state comunque prendendo una posizione sullo spazio e sul tempo. E di questo dovete essere coscienti. Potete variare l’ambientazione delle vostre azioni da scena a scena, siete liberi in questo, ma tenete presente alcuni principi base della scrittura drammatica:
- usate il minor numero di elementi possibili (sintesi)
- introducete nuovi elementi solo se sono necessari (necessità)
Inoltre non confondere la scrittura per cinema con la scrittura per teatro. Nella scrittura per cinema (e questo vale per ogni tipo di scrittura per schermo in generale) potete lavorare su un punto di vista mobile dello spettatore, che coincide con quello della macchina da presa. In teatro invece il punto di vista dello spettatore è solitamente fisso (dalla sua sedia o poltrona, osserva ciò che accade in scena) e anche il luogo in cui agiscono gli attori (il palco) è (solitamente) fisso. Diviene più complesso, in teatro, giocare su un gran numero di ambientazioni e forse più conveniente limitare la varietà di luoghi e di momenti in cui prendono vita le azioni. Probabilmente l’unita di tempo e di azione della tragedia greca possono ancora insegnarci qualcosa.
Un esempio chiarificatore: “The sugar effect” di Lucy Prebble (leggete le indicazioni introduttive dell’autrice su come realizzare le diverse ambientazioni delle scene, la casa, il parco e la “rete”)
Personaggi
Quanti personaggi sono presenti nelle vostre scene? Attenzione NON quanti personaggi sono citati: ma quanti realmente sono presenti? Sono tutti necessari? Ci sono personaggi che sono troppo presenti tra scena e scena all’interno dell’opera? Ci sono personaggi che appaiono una sola volta?
Orchestrare bene i personaggi all’interno della struttura è una questione fondamentale nella pianificazione di un testo. si tratta di scelte che influenzeranno la coerenza dell’opera, il ritmo in scena e il budget del futuro allestimento.
All’interno dello scalettometro propongo anche di individuare una gerarchia dei personaggi all’interno delle scene:
- (p) ovvero il protagonista: colui o colei che ha maggiormente da perdere o da guadagnare, o chi soffre (e spera) di più all’interno della scena
- (A) ovvero i personaggi ANTAGONISTI al desiderio e alle speranze del personaggio protagonista. Ricordatevi: gli ANTAGONISTI sono sempre i peggiori ANTAGONISTI possibili
- (a) ovvero i personaggi aiutanti del personaggio protagonista. Ricordatevi: gli aiutanti sono i peggiori aiutanti possibili
Un esempio chiarificatore: “Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand (notate come sono orchestrati ANTAGONISTI e aiutanti nei confronti del desiderio d’amore di Cyrano)
Trama
Che cosa accade nella scena? Quali sono le azioni che vengono realizzate dai personaggi? Che conseguenze generano? Per sapere se la trama delle vostre scene è ben strutturata rispondete alle seguenti domande:
- (i) come inizia la scena? Come sono personaggi ad inizio scena? Che emozioni provano? Che punto di vista hanno sul problema al centro della scena?
- (s) come si sviluppa la scena? Come si complicano le relazioni tra i personaggi? Come complica il/la protagonista la sua situazione?
- (f) come finisce la scena? Come sono cambiati i personaggi rispetto l’inizio? Che nuovo disequilibrio si è creato tra i personaggi coinvolti?
In questo modo, distinguendo con chiarezza inizio (i) sviluppo (s) e fine (f) potete creare una dinamica efficace per lo sviluppo delle vostre scene.
Un esempio chiarificatore: “Aspettando Godot” di Samuel Beckett (un testo celebre per la sua mancanza di evoluzione. L’opera è divisa in due atti ed è priva di evoluzioni determinanti. Alcuni commentatori descrivono quest’opera come una drammaturgia nella quale non accade nulla. Per ben due volte.)
P.d.v. (Punti di vista)
Ogni personaggio è il portatore di un punto di vista unico sul mondo e sulle questioni al centro del dramma che state scrivendo. In ogni scena è per voi fondamentale avere ben chiaro che P.d.v. ogni personaggio porta all’interno di questo sistema. Provate quindi a rispondere a queste domande:
- (p) il protagonista che opinioni ha nei confronti di ciò che sente (le sue paure, i suoi desideri e speranze) e degli altri personaggi coinvolti nella scena?
- (A) gli ANTAGONISTI che opinioni hanno nei confronti di ciò che sentono (paure, desideri e speranze) e degli altri personaggi coinvolti nella scena?
- (a) gli aiutanti che opinioni hanno nei confronti di ciò che sentono (paure, desideri e speranze) e degli altri personaggi coinvolti nella scena?
Un consiglio: se due (o più) personaggi hanno lo stesso punto di vista o sono l’uno l’antagonista dell’altro, o hanno un valore metaforico / simbolico, o si tratta di un coro.
Un esempio chiarificatore: “La visita della vecchia signora” Friedrich Dürrenmatt (notate come i gli abitanti della piccola cittadina percepiscono in modo differente l’uno dall’altro, l’arrivo della ricca Claretta, e come poco a poco tutti assumano una stessa opinione, divenendo di fatto un coro)
Linguaggi
Pensate ai dialoghi come ad una sinfonia e considerate ogni personaggio come uno strumento musicale. Domanda: in che modo state diversificando attraverso il linguaggio la voce di ciascun personaggio? In che modo il vostro protagonista (p) si differenzia per ritmo e vocaboli dalle sonorità degli ANTAGONISTI (A) e degli aiutanti (a).
Non solo: da scena a scena, in che modo il linguaggio dei vostri personaggi evolve e si modifica assecondando ed evidenziando così le evoluzioni e i cambiamenti che stanno vivendo nel loro profondo? Che parole nuove utilizzano? Come evolve il loro ritmo? Che vocaboli, prima tabù per il personaggio, adesso vengono utilizzati con naturalità?
Un esempio chiarificatore: “I turcs tal Friûl” di Pier Paolo Pasolini (notate come il personaggio di Meni passa da fervido credente a dominato dal dubbio. Il suo crollo nella fede si rispecchia anche nel suo linguaggio)
Domande
Ogni scena rappresenta una transizione tra un prima e un dopo. Spesso la conclusione di una scena può essere sintetizzata da una domanda precisa: che cosa succederà al/alla protagonista? Raggiungerà i suoi obiettivi? Si salverà? …
Avere un controllo sulle domande in entrata (e) e in uscita (u) delle vostre scene vi permette di prevedere con quali dubbi il vostro pubblico affronta ogni nuovo capitolo della vostra drammaturgia. Sta a voi scegliere se rispondere, eludere la risposta o alzare ancora di più la posta in gioco.
Un esempio chiarificatore: “Caligola” di Albert Camus (scena dopo scena Caligola diviene più sadico e violento. Fino a che punto saranno disposti i suoi sudditi ad accettare tale forma di violenza?)

Alessandro Di Pauli, co-fondatore di MateâriuM, nato a San Daniele del Friuli nel 1979. Si laurea in Filosofia morale presso l’Università di Trieste nel 2004. Diploma Estudios Avanzados per il Dottorato in Scienze Teatrali dell’Università di Barcellona nel 2011. Ideatore dei progetti FELICI ma furlans & TACONS. Collabora dal 2014 con la Scuola Holden di Torino.
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